di Francescochristian Schembri
AGRIGENTO | Sono trascorsi 23 anni quando lungo la strada statale 640 Porto Empedocle-Caltanissetta, nei pressi di contrada Gasena, il giudice Rosario Livatino perse tragicamente la vita. Aveva 37 anni quando quel tragico 21 settembre del 1990 la sua macchina fu speronata per poi essere assassinato da Gaetano Puzzangaro. Quest’ultimo lo inseguì con un mitra e una pistola calibro 9. Il magistrato cadde lungo la scarpata nell’estremo tentativo di fuggire, si bloccò, si rivolse a Puzzangaro ed esclamò: «Ma che vi ho fatto di male?». Furono momenti in cui Livatino capì che quelli erano gli ultimi momenti di vita; Puzzangaro gli puntò la canna della pistola in bocca e iniziò a sparare. Furono due i colpi che gli sparò in faccia, mentre gridava: «Pigliati questo, pezzo di merda». Fu questa la ricostruzione del pentito di mafia Gioacchino Schembri che ha ricostruito la sequenza finale dell'omicidio del giudice «ragazzino».
Oggi, come ogni anno dopo quel tragico episodio, verrà apposta una stele in contrada Gasena e si terrà a Canicattì, comune che ha dato vita a Rosario Livatino, una funzione religiosa per ricordare la sua figura che papa Giovanni Paolo II il 9 maggio del 1993 ad Agrigento definì «martire della giustizia e, indirettamente, della fede».
Nel 1993 l’allora vescovo di Agrigento, monsignor Carmelo Ferraro, ha incaricato l’insegnate di Livatino, Ida Abate, a raccogliere delle testimonianze per la causa di beatificazione. Successivamente, il 19 luglio 2011, è stato firmato dall’arcivescovo di Agrigento, Francesco Montenegro, il decreto per l’avvio del processo diocesano di beatificazione, iniziato ufficialmente il 21 settembre 2011 nella chiesa di San Domenico a Canicattì.
Sabato 21 settembre 2013
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sabato 21 settembre 2013
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